La mancanza di consapevolezza delle proprie difficoltà è un fenomeno molto comune nelle persone con una diagnosi di demenza. Infatti, spesso accade che la persona neghi o non riconosca la propria condizione, rendendo maggiormente difficile per i familiari e i caregiver l’attività di sostegno e supporto. Inoltre, la stessa mancanza di consapevolezza esclude la persona, non restituendole un ruolo attivo nella presa di decisione riguardante il proprio percorso di trattamento e di cura.

Perché è importante la consapevolezza?

Apparentemente potrebbe sembrare scontato, in realtà, la capacità di organizzazione e monitoraggio del proprio comportamento si apprende e si affina nel corso dello sviluppo. È un’abilità estremamente complessa in quanto ci permette di adattarci e far fronte ai cambiamenti che dobbiamo affrontare. Per esempio, quando una persona è consapevole di avere difficoltà a ricordare gli appuntamenti trova delle strategie per arginare il problema: potrebbe annotarsi gli impegni sull’agenda o sul calendario. Tuttavia, questa capacità di riconoscimento del problema e di adattamento del proprio comportamento, nelle persone con demenza, spesso non è presente.

La differenza tra negazione anosognosia

Prima di procedere, è essenziale puntualizzare la distinzione tra negazione e anosognosia. Sono due concetti per alcuni aspetti molto simili, ma meritano di essere differenziati.

La negazione si riferisce a tutte quelle situazioni in cui una persona evita parzialmente o rifiuta tutto ciò che ha a che fare con la malattia perché è troppo difficile da affrontare. Attraverso la negazione, la persona si difende provando a minimizzare il problema o accettando la verità solo in parte. Per esempio, sa di avere una malattia ma si rifiuta di andare dal medico o di proseguire la terapia farmacologica.

Anosognosia letteralmente significa “mancanza di conoscenza sulla malattia”. Nel nostro cervello, esiste una zona chiamata area pre-frontale che si occupa dell’abilità di pianificare e monitorare il comportamento. Inoltre, ha la funzione di dare un senso alle nostre esperienze, effettuando un lavoro di integrazione tra tutto ciò che percepiamo attraverso i nostri cinque organi di senso e le informazioni sul mondo che possediamo e che sono già immagazzinate sottoforma di conoscenze. Quindi, la corteccia pre-frontale ha anche un ruolo fondamentale nella capacità di adattare il comportamento, in seguito a cambiamenti. La persona con anosognosia non ha problemi sensoriali: i suoi cinque sensi funzionano alla grande. Tuttavia, a causa del danno cerebrale alla corteccia pre-frontale destra, non è in grado di integrare le informazioni sensoriali, di leggerle e di interpretarle. È come se l’informazione una volta acquisita si bloccasse a metà strada. Per esempio, una persona potrebbe “non vedere” i suoi occhiali poggiati sul tavolo. Li vede con gli occhi, ma questa informazione non viene correttamente processata e integrata.

Che cosa accade se le viene fatto notare che gli occhiali sono proprio lì davanti a lei? A questo punto, la parte sinistra della corteccia pre-frontale cerca di mantenere un senso di continuità e coerenza con ciò che i sensi hanno percepito, quindi suggerisce alla persona delle possibili “spiegazioni alternative” nel tentativo di rendere logico e coerente il mondo che la circonda. Queste “spiegazioni” dal punto di visto neuropsicologico si chiamano confabulazioni non coerenti e rappresentano lo sforzo della persona di formulare una risposta che metta insieme i pezzi. Questo racconto, agli occhi di un familiare, potrebbe sembrare confuso e completamente sbagliato ma, se lo guardiamo dal punto di vista di una persona estranea, potrebbe apparire logicamente corretto. Per esempio, se la persona dovesse raccontare ad un estraneo che i suoi occhiali inizialmente non erano sul tavolo ma che suo marito li ha messi lì successivamente per farle uno scherzo, il marito, nell’ascoltare questo racconto, potrebbe sentirsi confuso, mentre una persona estranea potrebbe pensare che il marito è molto dispettoso e ama fare gli scherzi alla moglie.

Come si manifesta l’anosognosia nella demenza?

Nella demenza, l’anosognosia può manifestarsi con diversi gradi di intensità: la persona potrebbe negare completamente i suoi problemi, oppure essere parzialmente consapevole di avere delle difficoltà ma si giustifica, non comprendendo la gravità della situazione. Nel mio lavoro, ho conosciuto Rosa a cui è stata diagnosticata la malattia di Alzheimer e, dai test cognitivi, emergeva una compromissione cognitiva avanzata. Durante il nostro incontro, Rosa mi ha espresso la volontà di continuare a prendersi cura dei nipoti e di volerli andare a prendere a scuola con la sua auto, come era stato fino a poco tempo prima. La sua patente era stata revocata un paio di mesi prima ma ci tiene a spiegarmi di essersi sottoposta alla visita per il rinnovo con occhiali di tipo sbagliato, che non garantivano una correzione completa della vista. Rosa presenta quelle abbiamo definito confabulazioni. In questo caso, le confabulazioni sono dei tentativi da parte di Rosa di mantenere un certo grado di controllo e compostezza anche davanti alla malattia.

Le confabulazioni sono bugie?

È fondamentale tenere a mente che la confabulazione non è una menzogna. Le persone che ricorrono alla confabulazione credono fermamente che ciò che affermano corrisponda alla verità. Lo scopo di queste è trovare una spiegazione alternativa ma ugualmente plausibile a ciò che accade.

Cosa fare quando la persona è inconsapevole di avere la demenza?

Sia che si tratti di negazione o di anosognosia, davanti alle invalidazioni (“Ti dimentichi tutto”, “dici cose senza senso” “le cose non sono andate così”),  la persona con una diagnosi di demenza potrebbe reagire con rabbia o rifiuto. Il rischio è che la persona possa minimizzare l’impatto delle proprie difficoltà sulla vita di tutti i giorni ed essere coinvolta in situazioni dove si trova lei stessa in pericolo o rappresenta un pericolo per gli altri (nell’esempio di Rosa: continuare a guidare la sua auto nonostante la grave compromissione cognitiva). Poiché può essere molto frustrante sia per la persona che per i suoi familiari insistere sulle difficoltà che la persona non comprende e/o non accetta pienamente,  di seguito sono indicati alcuni suggerimenti utili:

  • Coinvolgere la persona: coinvolgere il proprio caro nella pianificazione del proprio trattamento e cura, se possibile. È utile favorire e sostenere l’autonomia della persona nelle sue abitudini e, allo stesso tempo, limitare le attività che potrebbero esporla a dei rischi. Ad esempio, non escludendola dalla preparazione dei pasti ma coinvolgendola in compiti che non richiedano l’utilizzo di strumenti pericolosi o l’uso di fornelli ecc..
  • Comunicare con delicatezza: quando si parla con la persona è importante utilizzare un tono compassionevole e rispettoso. Si può cercare di spiegare la situazione in modo che sia comprensibile e accettabile, incoraggiandola nel cimentarsi nei compiti e nelle attività da svolgere.
  • Informarsi e approfondire le implicazioni della negazione e dell’anosognosia per non confonderle con un tentativo di mentire.

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