La malattia di Alzheimer

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza, infatti costituisce il 50-60% dei casi totali. Sulla base della categorizzazione su base eziologica, è inserita nel gruppo delle demenze degenerative o primarie, così chiamate in quanto si verifica una degenerazione del Sistema Nervoso Centrale che può produrre altri sintomi, oltre a quelli strettamente cognitivi. Costituisce una delle patologie con il maggior numero di impatto socio-sanitario e colpisce circa 500.000 italiani. Il processo patologico della malattia di Alzheimer ha un esordio insidioso e si caratterizza per un’evoluzione lenta, graduale ed ingravescente dei sintomi, la cui manifestazione clinica può essere preceduta anche da una lunga fase asintomatica.

Sintomatologia e decorso clinico della malattia di Alzheimer

Il sintomo principale della malattia di Alzheimer è il deficit della memoria episodica e, a seguire, vengono colpite le quattro funzioni corticali superiori, causando così, oltre che un quadro di amnesia anche problematiche di natura afasica, agnosica e aprassica.

Il decorso clinico viene solitamente diviso in tre fasi:

  • Fase di esordio: in questa fase, della durata di 1-2 anni circa, iniziano a manifestarsi i primi disturbi della memoria, seppur in forma molto lieve. La persona manifesta una progressiva difficoltà a ricordare informazioni apprese di recente (dimentica appuntamenti, nomi, numeri di telefono…). Inoltre, inizia a non apprendere efficacemente nuovi concetti e nuove procedure. Si presentano le prime problematiche dell’eloquio: nello specifico, la persone farà numerose pause alla ricerca del termine appropriato, perdendo facilmente il filo del discorso. Nella maggior parte dei casi, in questa fase, la persona è consapevole delle proprie difficoltà e fallimenti e, per questo, il suo umore potrebbe subire una deflessione o sviluppare una sintomatologia depressiva. Questo ha come conseguenza un probabile ritiro dalle attività sociali, una scarsa motivazione ed iniziativa che caratterizzano un quadro di apatia. Inoltre, insorgono i primi cambiamenti di personalità che, molto spesso, riguardano un’accentuazione di tratti precedenti.
  • Fase conclamata: è la fase più duratura, dai 2 ai 10 anni, ed è caratterizzata da un grave peggioramento dei sintomi che hanno contrassegnato la fase precedente. Il disturbo della memoria episodica si evolve con dimenticanze sempre più frequenti ed è accompagnato da un declino delle altre funzioni cognitive. Con il procedere della patologia, il paziente commette errori di riconoscimento di cose o persone a lui note. Inoltre, potrebbe commettere errori nell’esecuzione di sequenze gestuali complesse, che si concretizzano con difficoltà a programmare azioni e gesti coordinati e diretti ad uno scopo. Sono frequenti gli errori topografici, relativi prima agli ambienti esterni e, successivamente, anche agli ambienti domestici. La persona ha difficoltà a stimare i rapporti spaziali. Sono fortemente impoverite le capacità di ragionamento astratto e le abilità di problem-solving. Si accentuano anche i cambiamenti dell’umore e comportamentali, come affaccendamento afinalistico, irrequietezza motoria, vagabondaggio, agitazione, aggressività verbale e fisica. Compare una labilità emotiva e mutamenti della personalità: persone descritte come controllate diventano agli occhi dei familiari come intrattabili, impulsive e nervose.
  • Fase terminale: in questa fase, che dura 4 o 5 anni la persona perde completamente l’autosufficienza, diventando dipendente dal caregiver con necessità di assistenza continua e totale. C’è una perdita quasi completa delle capacità di produzione e comprensione linguistica; tuttavia, la persona può conservare la capacità comunicativa attraverso il corpo (espressione facciale, postura e gestualità). Compaiono incontinenza sfinterica, disfagia e il movimento è sempre più compromesso. Il processo patologico evolve in una deprivazione cognitiva e sensoriale con un coinvolgimento delle funzioni vegetative. La morte, subentra in media 8-10 anni dopo dall’esordio della malattia, in seguito a patologie intercorrenti legate a fenomeni infettivi, disidratazione e malnutrizione.

La variabilità e le differenze individuali dei sintomi

L’esordio vero e proprio della sintomatologia è strettamente connesso alla riserva funzionale e cognitiva della persona che le permetterà di fare fronte al processo patologico di perdita neuronale in maniera diversa. La riserva cognitiva è la capacità del nostro cervello di far fronte attivamente ai cambiamenti dovuti all’età o ad un danno cerebrale, utilizzando abilità cognitive di compensazione o “di riserva”, quindi trovando modi alternativi per completare un compito. Di conseguenza, l’intero decorso clinico presenta grandi variazioni individuali dovute, in primo luogo al livello di esercizio mentale, al genere e alla familiarità genetica con la demenza.

Quali possibilità di intervento?

Sulla base del quadro sintomatologico descritto sopra, si evince coma la gestione della malattia di Alzheimer, nelle sue varie fasi, richieda un intervento multidisciplinare.

Per il paziente:

  • La valutazione del profilo neuropsicologico delle persone con una diagnosi di malattia di Alzheimer è fondamentale. Infatti, restituisce al paziente e ai familiari un quadro obiettivo delle difficoltà cognitive e comportamentali che la persona stessa e i suoi familiari sperimentano nella vita quotidiana. Inoltre, la valutazione di tali deficit rende possibile effettuare una diagnosi differenziale rispetto al profilo cognitivo caratteristico delle altre patologie neurodegenerative. Infine, permette un monitoraggio dell’evoluzione della malattia nel tempo, soprattutto in pazienti in trattamento farmacologico.
  • La stimolazione cognitiva implica il coinvolgimento della persona in compiti che riguardano la quotidianità con il fine di stimolare genericamente l’attività mentale. Ha come obiettivo quello di rallentare il più possibile la perdita delle capacità cognitive non ancora intaccate dalla malattia, limitando l’impatto che le difficoltà determinano sull’autonomia nella vita quotidiana della persona e di arginare la comparsa dei disturbi comportamentali. Esistono numerose evidenze scientifiche che dimostrano che la stimolazione cognitiva, attivando i meccanismi di compensazione cerebrale, sia un elemento di protezione durante il processo di neurodegenerazione della malattia di Alzheimer. Infatti, le persone con un’alta scolarità sarebbero in grado di far fronte più efficacemente alla malattia di Alzheimer, ritardando la comparsa dei sintomi attraverso il reclutamento di circuiti neurali “di riserva”. Questo dato confermerebbe l’ipotesi secondo cui una maggior riserva cognitiva (e quindi anche un’alta scolarità) richieda un danno neuropatologico maggiore prima di evidenziare lo stesso quadro cognitivo di persone con livelli di scolarità inferiori. Quindi, la stimolazione cognitiva può agire non solo come prevenzione ma anche come strategia terapeutica in seguito alla diagnosi.

Per familiare ed il paziente

  • I percorsi di consulenza e sostegno psicologico offrono alla persona uno spazio di ascolto ed elaborazione della propria esperienza e delle scelte o tentativi di risoluzione che si sono rivelati fallimentari o non efficaci. Lo scopo è quello di trovare, insieme al professionista, uno o più modi volti a farla sentire artefice della propria vita e del senso che ad essa attribuisce. Si pone al centro lo sguardo della persona impegnata ad includere e gestire la malattia nella propria vita.

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